DA SPORTOLIMPICO NON DOBBIAMO RICOSTRUIRE SULLE MACERIE

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Sabato 28 Dicembre 2019

Osservatorio / Non dobbiamo ricostruire sulle macerie    

Sono quelle che restano del CONI (e delle Federazioni) dopo gli otto mesi del dimissionario Sabelli e dei suoi mutevoli ordini di servizio. Bisognerà ora ricostruire, e in fretta. Ma a condizione di spazzarle via, e tenendo conto che nella Conferenza di fine anno del presidente Conte, …    Luciano Barra Non convenite che sarebbe un buon consiglio da dare al Ministro Spadafora? Quello di azzerare tutto, di riparare ai danni fatti da Sabelli, alle sue nomine, ai suoi ordini di servizio e di ricominciare tutto da capo, con persone di sua fiducia e, soprattutto, “con” il CONI e non “contro” il CONI? Sono passati ormai vent’anni da uno dei momenti più bassi della politica nei confronti dello sport nazionale: mi riferisco all’intervento dell’allora Ministra Melandri al Consiglio Nazionale del CONI. Ero presente, e ho ancora copia di quel discorso da maestrina dalla penna rossa fatto col viso dell’arme e rivolto più ai Presidenti delle Federazioni che al CONI. Discorso che intendeva avere un obiettivo preciso: “rinnovare lo sport italiano”. Vi risparmio i passaggi e soprattutto le premesse, a partire dalla pantomimica Commissione Grosso, scioltasi nel nulla nel caldo dell’estate del 1999. Mancava solo la più logica (e sottintesa) conclusione: “mangiate questa minestra o saltate dalla finestra”. Ricordo che la mattina dopo quel discorso entrai nella stanza presidenziale di Bruno Grandi – in quei giorni presidente facente funzione del CONI – e gli chiesi a brutto muso: “Bruno, ma perché non hai preso la parola e non hai reagito a quella sequela di offese a noi tutti e alla storia del nostro sport?”. Ecco cosa mi rispose: “Luciano, io sono romagnolo e figurati come mi ribolliva il sangue. Stavo per prendere la parola quando chi mi stava accanto mi bloccò, dicendomi ‘lascia perdere’!” Chi non avesse capito chi era quella persona, me lo chieda e in via privata glielo chiarirò. Sapete tutti come andò a finire, con una legge che ha portato più danni che benefici, compresa la demagogica norma che stabiliva che per essere eletto a qualsiasi carica sportiva, anche la più alta, era sufficiente una qualsiasi tessera sportiva, purché detenuta per soli due anni. Come se per partecipare ai Campionati Italiani o ai Giochi Olimpici bastasse essere tesserato per due anni e non piuttosto raggiungere e superare gli standard d’ammissione precedentemente fissati. Poi quel Governo nel giro di un anno evaporò. Ricordo che il giorno della caduta di quell’Esecutivo eravamo a Torino alla riunione della Commissione di Valutazione per i Giochi Olimpici del 2006, presieduta da Thomas Bach, allora solo membro del CIO e non ancora Presidente. Un arrogante funzionario del CIO chiese che valore potevano avere le garanzie che avevamo presentato, in quanto firmate da politici non più in carica. Nel silenzio più totale da parte italiana – voluto o imbarazzato – toccò a me rispondere che noi eravamo il Paese del diritto e che quanto era stato firmato da un Governo continuava comunque ad essere valido. Fui biasimato da qualche “mamma-santissima” per quella risposta! Ma torniamo ai giorni nostri. Allora il danno fu consumato in più di un anno, ma per fortuna non fu irreparabile. Ora sono bastati solo otto mesi per procurare danni anche maggiori. Ed è ben noto che è ben più facile distruggere, mentre ricostruire è quasi sempre proibitivo. Per questo credo che sarebbe necessario ripartire da zero e non ricostruire sulle macerie. Buttiamoci alle spalle “l’impostazione sabelliana” – come incautamente scritta da un attento cantore – e cerchiamo nelle nomine future di evitare “personaggi surreali, … fuori dal mondo” come ha definito Sabelli uno dei separati in casa. Forse non c’entra niente, ma devo dire d’essere rimasto toccato da quanto detto Carlo Verna, Presidente dell’Ordine dei Giornalisti nell’introdurre la Conferenza Stampa di fine anno del presidente del Consiglio Giuseppe Conte. Per chi non l’avesse sentito in TV, la riporto: “Proviamo però a spezzare quel circolo vizioso per cui solo uno sport tira commercialmente. Solo di quello si parla e così gli altri pur animati da straordinari campioni sono sempre più trascurati. Il calcio è bello ma valori, educazione alle regole e cura della salute fisica sono propri di tante discipline e credo che vadano raccontate sempre di più e forse qualche forma d’incentivo, per chi realmente lo fa, sarebbe da pensare”. Io non ho capito bene a chi si rivolgesse, ma è una affermazione che dovrebbe entrare nell’anima e nel corpo di chi oggi svolge funzioni di politica sportiva o professione di informazione. 

DA PADRONI A GARZONI INIZIA UNA NUOVA EPOCA

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Venerdì 1° Febbraio 2019

Osservatorio / Da padroni a garzoni? Inizia una nuova epoca
 

 

 Illustrate ieri all’Acqua Acetosa le linee programmatiche della riforma del sistema sportivo italiano che ridisegna completamente il ruolo del CONI e delle Federazioni che ne sono stati, per oltre un Secolo, la centralità e il riferimento. 

Luciano Barra

Non sono andato a Roma per la conferenza governativa sulla riforma del CONI per molti motivi. Ho consultato gli aruspici (l’aruspicina era l’arte divinatoria – d’origine etrusca – che consisteva nell’esame delle viscere di animali sacrificati per trarne segni divini e norme di condotta. Cfr. Wikipedia) e visto che cadeva nel “giorno della merla” e, intemperie a parte, che sono regolarmente arrivate, non prometteva nulla di buono. E così è stato. Ma come, direte, ora prendi le difese di Malagò? No, ma del Presidente del CONI, si. Le poche immagini che ho visto della conferenza mi hanno indotto ad usare il vecchio aforisma: “da padroni a garzoni”.

Vedere, Giorgetti a parte e che continuo a salvare, farisei occupare in maniera arrogante e provocatoria il tempio dello sport, il Centro di Preparazione Olimpica dell’Acqua Acetosa e sede da oltre 50 anni della Scuola dello Sport, mi ha dato fastidio. Meritava che la dirigenza del CONI si presentasse con giacche e guanti bianchi.

Ripeto: ho criticato Malagò da oltre tre anni (da quando ha sponsorizzato la farlocca fiction su Mennea, dimenticando invece di difendere la vera storia dell’atletica). Non c’è bisogno che rilanci qui tutte le critiche a lui fatte, ho avuto il coraggio di metterle nero su bianco ed ora i fatti hanno dimostrato quanto avessi ragione. Mi sa che ne farò un compendio, con i commenti ricevuti. Altrimenti come sarebbe stato possibile che in tre mesi venisse cancellata una storia che durava 73 anni? Non so quale dei precedenti presidenti del CONI (ho lavorato con Onesti, Carraro, persino con Gattai, Pescante, Grandi e Petrucci) si era meritato un articolo su uno dei più importanti news magazine italiani (Panorama) come il “Grande Gatsby di Roma Nord”?

Ma la storia del CONI non può essere cancellata in questa maniera, se è vero come anche i riformatori dicono, sono più le cose positive fatte che quelle negative. Ripeto, a me piace Giorgetti per la sua lucidità, ed anche per il suo cinismo, mi piacciono meno i compagni di ventura, perché non hanno la cultura e neanche il pedigree (non il CV) per toccare la sacralità dello sport. Potrei scrivere pagine, ed alcune cose le ho già dette, sulle riforme di cui il CONI e lo Sport Italiano hanno bisogno, a partire dalla qualità della dirigenza e dei sistemi elettorali che sono vecchi ed obsoleti. Ma va salvata la forma e la storia. Ripeto è impossibile cancellare 73 anni di storia in tre mesi.

Qualcuno mi dice che l’unica maniera per correggere gli errori è quella di azzerare tutto e ricominciare da capo. Vengo da studi classici e non ricordo esempi positivi in tal senso. Nella conferenza si è voluto sottolineare come la riforma non sia “contro qualcuno o per qualcuno”. Solo il tempo potrà dare un giudizio invertendo la tendenza, per la prima volta nel nostro Paese, per cui una “nazionalizzazione” funzionerebbe meglio dell’iniziativa privata.

Quindi, superato il logico mal di pancia su come tutto ciò è avvenuto (ma come è possibile che agli Stati Generali del 16 gennaio non si sia prodotto un documento che indicasse paletti e suggerimenti?), la logica e l’amore per lo sport richiede di essere razionali e guardare avanti. Le domande vere non riguardano il passato, ma il futuro. Come è possibile fare le cose annunciate su Scuola, Salute, Impianti, Associazionismo sportivo ed altro solo grazie ad una legge di riforma? Per alcune di loro serviranno ben altri provvedimenti (legislativi ed amministrativi) per vedere dei risultati misurabili solo in decenni.

Mi hanno spaventato i discorsi di Ministri che parlano di risolvere l’obesità e all’attività motoria nella scuola con strumenti inadeguati. E soprattutto come è possibile fare tutto ciò con 408 milioni? Promettendo gli stessi contributi alle Federazioni che, se non saranno opportunamente sostenute, faranno un bel tonfo a Tokyo 2020 e a Pechino 2022.

Il primo banco di prova sarà quello relativo alla candidatura di Milano e Cortina ai Giochi Olimpici Invernali del 2026. Basterà il carisma di Pescante, come avvenne a Seul nel 1999 quando usò le sue stimmate, causate dall’attacco del WM (Visco, Veltroni, Melandri), per racimolare i 43 voti per far vincere Torino 2006? Può ora Malagò, da solo, usare le sue stimmate per raccogliere i voti necessari per il 2026, per una Candidatura priva dell’appoggio sostanziale del Governo, a favore di due Regioni governate dalla Lega, da chi lo ha – agli occhi suoi – accoltellato alla schiena? Una candidatura che tecnicamente sembra più una somma di Campionati del Mondo in sette diverse sedi e che nulla ha con lo spirito dei Giochi Olimpici? Oppure lui avrà il coraggio, e la dignità, di rovesciare il tavolo e scaricare questa responsabilità sui riformatori, come molti del mondo dello sport auspicano?

Il tempo ci darà tutte queste risposte.